A inizio pandemia si era iniziato a parlare del fenomeno delle grandi dimissioni, tema assolutamente centrale per l’HR e le iniziative di employee retention. Si è infatti assistito album di dimissioni volontarie che ha colto impreparata la maggior parte delle aziende che lo hanno subito. Negli ultimi mesi un’indagine su oltre 500 realtà italiane ha misurato dimissioni volontarie fra i giovani in metà delle aziende indagate.

Una delle prime risposte fornite dagli studi e interviste si riferivano al fatto che generazione Z e Millennials erano stati i primi a porre particolare importanza ai disturbi psicologici di ansia e depressione causati dalla riduzione degli eventi socio culturali a causa dei lockdown. Da qui la necessità di trovare il giusto tempo da dedicare alle proprie passioni ed esperienze personali, tempo reputato molto più importante rispetto a inseguire una carriera e uno stipendio più alto a fronte anche di sacrificarlo.

Che non vuol dire che le nuove generazioni non desiderano crescere a livello professionale, ma che desiderano farlo a fronte di un’esperienza sul lavoro soddisfacente e stimolante. Ambienti e uffici con uno stress eccessivo e poco stimolanti sono ritenuti non interessanti se comparati allo stipendio. Si preferisce invece un lavoro con maggiore flessibilità di orario e di spazio a fronte degli obiettivi da raggiungere, perché questo permette una migliore organizzazione della propria vita privata, con maggiore possibilità di dedicare del tempo alle proprie passioni.

Una ricerca di Adecco Group ha invece sottolineato come la Generazione Z si sente molto frenata dalla velocità dei percorsi di carriera all’interno di un’azienda. Un freno per le aspettative e per gli stimoli professionali. Sempre da questa ricerca è emerso anche come le prime esperienze di lavoro portano a un feedback negativo e un po’ di scoramento per il gap che esiste fra le competenze acquisite durante il percorso di studi e quelle realmente richieste dalle organizzazioni per produrre valore.

Come possono allora alle organizzazioni rispondere a queste nuove esigenze e questi nuovi problemi di attraction e retention?

Sicuramente tutte le organizzazioni devono crescere e intraprendere nuovi percorsi di digitalizzazione e flessibilità prestando più attenzione a questa nuova generazione di lavoratori. Bisogna adattarsi completamente al lavoro ibrido sfruttando tutte le opportunità e vantaggi dello smart working senza correre il rischio di trasformarlo in una trappola per i propri talenti.

Laddove invece bisogna intervenire in maniera più pesante è sul rafforzamento del senso di appartenenza delle persone all’azienda, tornando a curare maggiormente i rapporti umani, ascoltando consigli e feedback provenienti da tutti i propri dipendenti, di tutti livelli, coinvolgendo di più le persone in tutte le fasi di lavoro e di decisione. Questo implica una trasformazione molto importante a livello di management.

In ultimo, ma non ultimo, investire maggiormente nella formazione interna, che non deve essere più considerata come meramente teorica, ma anche stimolante e pratica, mettendo le persone in condizione di imparare di più e cose nuove, per apportare un vero vantaggio e un nuovo valore in azienda, inseguendo il cambiamento e cavalcandolo, non subendolo.