Non certo una sorpresa, visto che erano tanti gli studi e i sondaggi e le ricerche durante questi ultimi due anni volti a sottolineare l’importanza del benessere mentale e fisico da curare durante la pandemia per prevenire i diversi problemi a cui si poteva andare incontro.
Controllo delle emozioni, irritabilità, rabbia o confusione emotiva, fino a depressione ansia e insonnia. Queste sono tutte le principali sindromi post traumatiche che le persone hanno manifestato e che adesso mostrano tutta la loro pesantezza.
In tanti hanno ridotto l’attività fisica o addirittura alcuni hanno smesso proprio di farla. Una persona su quattro dorme con una certa difficoltà o dorme meno facilmente. Una persona su quattro non segue più come prima le vecchie buone regole alimentari.
La riduzione degli eventi sociali legata al lockdown ha anche prodotto un aumento della diffidenza verso le persone. L’unico canale che ha permesso di tenere attive le socializzazioni è stato ovviamente quello digitale, che per inerzia è stato uno strumento per placare il senso di solitudine, e continua a esserlo per aiutarci a uscire dalla sindrome post traumatica.
Il problema adesso è che l’impatto del digitale può rovesciarsi da positivo a negativo, inculcando nelle persone l’idea che un telefono o una chat possano sostituire l’incontro di persona e che questo possa essere il meccanismo ordinario di comunicare da qui in avanti. In questo senso il digitale potrebbe aumentare il senso della solitudine e non diminuirlo, sfuggendo alle relazioni vere, permettendo la “non comunicazione”.
Un rischio che non possiamo assolutamente correre proprio adesso che vediamo la luce in fondo al tunnel di questa pandemia.